Fare l’insegnante di sostegno. Dubbi e perplessità (degli altri).

Ormai non conto più in quanti mi hanno domandato in questi anni: ma come si fa l’insegnante di sostegno? E poi, senza aspettare la risposta, domandarmi abbastanza sfacciatamente, (come se ci fosse un permesso socialmente consentito: “è vero che non fate nulla tutto il giorno in classe?”.

Ok. Ci risiamo. Ci risiamo perché questa spiegazione che mi appresto a dare non è per me stessa, o almeno non solo, ma per un altro motivo più importante che spero di spiegare bene.

Iniziando dal presupposto che ogni persona si prende la responsabilità di lavorare come meglio o peggio crede (vale per qualsiasi lavoro), per fare l’insegnante di sostegno l’iter è questo: ci si prende una laurea con tutti i cfu annessi, poi si fa un concorso. Una volta superato, si fanno altre prove, fino ad accedere ad un anno di specializzazione che si chiama TFA. A quel punto dopo altri esami ed ennesima prova finale e tesi di laurea, prendi altri cfu e diventi docente specializzato.

Sì, ci sono persone precarie che fanno sostegno senza essere specializzati e questo costituisce una barriera, certamente. La situazione infatti sta per cambiare. La normativa cambierà, prevede probabilmente due docenti su materia e stop e si chiama ‘cattedra condivisa’. Contate che la maggior parte dei docenti (curriculari) non possiede questo tipo di specializzazione e questo complica le cose. La situazione si sta evolvendo nel senso che (forse) in futuro non ci sarà più questa distinzione tra docenti come spero che accadrà, perché il docente di sostegno non è assegnato solo agli studenti con bisogni specifici ma su tutta la classe. Spoiler: gli insegnanti di sostegno devono lavorare su tutta la classe cooperando con i colleghi delle altre materie. Questa comunicazione spesso fallisce, sì. Perché cooperare è difficile, perché all’insegnante di sostegno non viene dato lo spazio decisionale di cui ha bisogno per lavorare, per il divario di mentalità fra i due ruoli. Di frequente sento dire dai colleghi frasi tipo: non farei mai il sostegno! 

Ma di cosa parliamo? Non insegneresti mai ad alcuni dei tuoi alunni quindi? Preferisci fare lezione frontale come si faceva negli anni ’50?

Altro spoiler: l’Italia è abbastanza avanti con l’inclusività. Non abbiamo classi differenziate come qualche ministro poco lungimirante vorrebbe fare. Chi e cosa dovremmo differenziare in una multifferenza di persone che possono apportare solo cose positive? Rispondendo quindi a domande sciocche, a chi insegni? A tutti! E se i docenti sono bravi collaborano, e se gli educatori sono bravi collaborano con i docenti. È così che si lavora, INSIEME. È così che gli studenti interiorizzano che non ci sono differenze, perché si va avanti INSIEME. E spesso è difficile sì, e chi dice il contrario? Ma vogliamo scremare le classi fino a togliere le persone con difficoltà per far emergere solo chi ha la vita facile? Ci avvicineremmo all’eugenetica nazista. Cosa produrremmo? Alunni non empatici, egoisti, egocentrici, egocentrati. È questo tipo di società che vogliamo? Super produttiva e malata?

Chi lavora con me lo sa, a suo discapito o per sua fortuna. Che può avermi come alleata, o tutto il contrario, perché se mette da parte me in classe, anzi, non me in quanto persona, ma il mio ruolo, mette da parte questi ragazzi. Sono lì come bargello dei miei studenti, quelli che la società ha fatto sentire diversi ma che non lo sono mai stati, quelli a cui nessuno ha mai chiesto scusa. Sono lì per loro sulla mia torretta difensiva ad osservare che vada tutto bene, a fargli vedere che possono fare tante cose se qualcuno gli dà fiducia, cose che noi con gli occhi da adulti non riusciamo a vedere.

Se qualcuno ha domande da farmi su questo lavoro, se non si tratta di sciocchezze e stereotipi, sarò felice di rispondere, perché facciamo i fighi e ci chiamiamo inclusivi, parliamo di diritti lgbtq+, di viaggi, di multiculturalismo, ma sappiate che ogni volta che screditate questo lavoro, il ruolo che ricoprono questo tipo di insegnanti, non screditate noi, ma loro. Io sono adulta, a me non frega minimamente delle sciocchezze che sento da altri adulti, ma devo proteggerli dalle vostre cattiverie.

Stamattina ho incontrato al supermercato uno di quegli alunni con situazioni familiari molto complicate. Appena l’ho visto mi è venuto istintivo: “Ciao F.!”, e mi sono accorta che i nomi di quegli alunni, passassero anni, sono quelli che io non dimentico mai.

Informazioni su Emanuela De Siati

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